giovedì 24 novembre 2016

L'ospite del giovedì



Dai campi di calcio...all'equilibrio sulla slackline, oggi apriamo la serranda del garage a Stefano! 
Ciao Stefano, ci racconti la tua storia di sportivo?
 A dire il vero, non c’è granché da raccontare, ho un esperienza molto “normale” da calciatore dilettante, 3 stagioni in Seconda Categoria a Porpetto e 7 in Promozione nella Sangiorgina, interrotte da 3 di inattività, l’Erasmus a Praga e gli impegni lavorativi (avevo deciso di fare solo l’allenatore) mi hanno fatto prendere qualche pausa. Fino ai 20 anni ero il classico “baloner”, solo calcio, calcio e calcio. Dopo l’iscrizione a Scienze Motorie ho cominciato a praticare altre discipline, tutte a livello puramente amatoriale: Triathlon, MTB, nuoto, SUP, Snowboard ma ora la mia passione è la Slackline, camminare in equilibrio su di una corda. 
 Quali sono state le tue maggiori soddisfazioni?
 Quella che ricordo con più piacere è sicuramente la salvezza nel campionato di Promozione, avvenuta 2 stagioni fa. A 5 giornate dalla fine avevo dato la mia disponibilità per rientrare in squadra (mi ero preso una di quelle pause di cui parlavo prima), la mia Società era in piena zona play out e a corto di giocatori. Da lì in poi abbiamo fatto una sconfitta, un pareggio e tre vittorie consecutive. Ci siamo salvati all’ultima di campionato, ribaltando il risultato della gara, dall’1-0 al 2-1, in più, l’altra squadra che si giocava con noi la salvezza diretta, perse 2-0 e quindi la superammo, è stato tanto bello quanto insperato. Oltre all’aspetto tecnico, l’esperienza è stata condita da una serie di episodi “da spogliatoio”: scaramanzie, santini e rituali hanno reso questa storia veramente unica e indimenticabile (tra l’altro, la salvezza è stata festeggiata sul rimorchio di un camion in centro al paese.... neanche fossimo stati il Real Madrid dopo la “decima”). Quella partita rappresenta (al momento) il mio congedo dal calcio giocato... Ecco, finire con la fascia di capitano al braccio e rappresentare il gruppo per cui si ha dato tutto, è stata la mia soddisfazione più grande! Nessun rimpianto, adesso sono contento di camminare sulla mia corda...
 Ricordi qualche allenatore che ha segnato in modo positivo il tuo percorso?
 Certamente, li ricordo uno ad uno ma ho due riferimenti, uno per il settore Giovanile, Maurizio Ciani e l’altro per la prima squadra, Oriano Ferini. Il primo era riuscito a trasformare una squadretta “sfigata” di giovanissimi provinciali (12-14 anni) in una famiglia da cui nessuno voleva andar via. Tutti noi giocatori non vedevamo l’ora che ci fosse l’occasione per incontrarsi, partite o allenamenti che fossero diventavano una festa, senza pensare ai risultati sul campo (scarsetti, a dire il vero). Ricordo con molto piacere quel periodo e quando vedo i miei compagni di allora ne parliamo sempre con entusiasmo. Il secondo mi ha dato l’idea di cosa significhi la professionalità, la dedizione e la cura per il dettaglio nell’attività agonistica. Credo che Oriano mi abbia condizionato molto anche nel percorso da allenatore, anzi, senza dubbio è così. 
Tuttavia, da tutti gli allenatori che ho avuto ho tratto qualcosa di positivo, del resto, si impara anche dalle esperienze negative, No?!
 Oltre ad essere un atleta sei anche un allenatore, ci racconti la tua esperienza?
 Ho cominciato quasi per caso, 13 stagioni fa. A Gemona, dove studiavo Scienze Motorie, cercavano un istruttore per la squadretta dei Piccoli Amici, mi ricordo ancora tutti i nomi, erano indomabili... O meglio, io non avevo le competenze adatte per tenerli a bada, però mi si è acceso qualcosa dentro che non si è più spento, forse vedere il loro miglioramento quotidiano; leggere la gioia nei loro occhi quando arrivavano al campo; intravedere in loro gli stessi sogni che mi portavano a giocare quotidianamente al campetto di Strassoldo (il paese dove sono cresciuto) con gli amici, sempre con la palla sotto braccio o sul portapacchi della mia bici scassata, quando si andava a messa solo per incontrarsi in piazza e giocare assieme una volta finita la funzione (rovinando tutti i vestiti nuovi, che lavate di testa da mia mamma oh!!). Nel mio paese non c’erano distrazioni, 800 anime e pochi altri coetanei con cui condividere 4 calci in compagnia. Ma.... Scusa la divagazione... Parlando mi sono venute in mente alcune scene da lacrimuccia che non sono riuscito a contenere... Comunque, dopo l’esperienza a Gemona, durata due anni, è arrivata l’occasione di allenare a Porpetto, dove ho anche cominciato a giocare “in categoria”, da qui un paio di stagioni e poi il passaggio alla Sangiorgina, dove, ad oggi, sono arrivato all’undicesima annata consecutiva. Ormai quella bianco cremisi è casa mia, una casa che ho provato a costruire secondo quelli che sono gli insegnamenti ricevuti nei miei anni di formazione universitaria e di collaborazione con il Settore Giovanile e Scolastico della FIGC regionale (che conta uno staff molto valido e competente, guidato dal prof. Giovanni Messina). A San Giorgio mi hanno dato fiducia e responsabilità, dopo due anni come allenatore sono diventato responsabile della Scuola Calcio (5-12 anni) e da 2 sono faccio da referente anche dell’Attività Agonistica (12-16 anni). Adesso alleno 2 squadre e coordino gli aspetti tecnici della Società, imposto la programmazione, sviluppo progetti formativi rivolti alle varie figure societarie, e tanto altro, in pratiche sono 7 giorni su 7 al campo. Ogni tanto vorrei avere un giorno libero ma non mi sono mai lamentato dell’impegno orario e dei fine settimana dedicati allo sport, del resto, come potrei?!? 
Oltre ad allenare in società, insegno educazione motoria nella scuola primaria, collaboro con la FIGC, con il CONI e durante l’estate aiuto i miei colleghi (e amici) Jonatah e Francesca in spiaggia a Grado, tre anni fa hanno cominciato con l’A.S.D. Fairplay una serie di proposte sportive rivolte a giovani ed adulti che meritano di essere approfonditi per lo spirito ed entusiasmo che ci mettono in ogni attività. La loro pagina facebook è A.S.D. Fairplay Massimo Bertoni, merita un like!;) 
 Che ruolo e preparazione dovrebbero acquisire al giorno d'oggi gli allenatori, a tuo parere?
 Gli allenatori dovrebbero capire che allenare significa mettersi al servizio dei ragazzi che si hanno a disposizione, fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per migliorarli permettendo loro di vivere un’esperienza utile alla crescita, sia questa tecnica, tattica, fisica ma anche etica ed umana, i due percorsi sono imprescindibili. Il calcio e le necessità dei giovani sono cambiate molto negli ultimi anni, l’era digitale ha introdotto un sistema di relazione diverso, per certi versi più complicato da gestire, non si può tornare indietro. Gli allenatori devono adeguare il loro sistema di allenamento e il modo di rapportarsi con i ragazzi, le proposte devono essere più dinamiche, dirette e divertenti. I giovani d’oggi hanno bisogno di continui stimoli, di sicurezze, e di attenzioni che alcuni anni fa non erano così indispensabili. Ecco, mi piacerebbe che gli allenatori si adeguassero di più al contesto in cui si trovano ad operare ed accettassero le novità che la ricerca scientifica sta evidenziando in ambito di apprendimento motorio e metodologia dell’allenamento. Le conoscenze umane stanno progredendo in tutti gli ambiti ma non capisco perchè ci sia tutta questa difficoltà ad accettare le novità in quello sportivo (tendenza che si verifica specie nel calcio), qui si tende a replicare i modelli subiti nella propria esperienza di praticante, 20/30 anni fa, e questi sono spesso inadeguati al momento storico che stiamo vivendo. 
 Cosa insegni ai tuoi giovani atleti?
 Più che insegnare, parlerei di trasmettere. Cerco di trasmettergli la mia passione per lo sport, credo che sia questo il carburante principale per sviluppare un percorso veramente formativo. Se  la passione di uno sportivo è forte, si superano tutte le difficoltà, gli infortuni, i problemi, si trova il tempo per venire sempre ad allenamento, migliorarsi e ascoltare l’allenatore. La passione credo si trasmetta proponendo sedute divertenti, dove l’orientamento è nei confronti del miglioramento personale, dimostrando interesse per i ragazzi e il loro percorso, sia tecnico che umano. Inoltre cerco di far capire che l’importante non è vincere, e tantomeno partecipare (la ritengo una “frase fatta” particolarmente fastidiosa, chiunque può partecipare e non voglio che i miei ragazzi si considerino delle persone qualunque), l’importante è uscire a testa alta da qualsiasi competizione, avendo dato sempre il massimo di se stessi, che si tratti della partitella tra amici o della finale di Champions, di una vittoria o di una sconfitta, poco importa. Credo che questo atteggiamento volitivo serva tanto al talento come al ragazzo meno dotato, il primo può così capire che non deve adagiarsi sulle sue qualità ma deve continuare a lavorare forte, il secondo trae esperienza dallo sport per affrontare le sfide della vita, e non subirle. Nella società dove lavoro, attraverso una programmazione per obiettivi che rispettano le varie fasi di crescita, stiamo cercando di sviluppare un percorso in cui il giocatore sia autonomo e consapevole di quello che sta facendo, attraverso questo sistema vengono trasmesse le competenze relative al gioco del calcio. 
 Qual è il progetto di cui vai più fiero?
 4 stagioni fa ho redatto un documento che riassumeva i progetti sviluppati dalla Sangiorgina negli ultimi anni ed è stato premiato dalla UEFA con la medaglia di bronzo a livello europeo all’ “UEFA Grassroots Award”, categoria Best Club. In pratica la UEFA - la Federazione che riunisce le 53 Federazioni calcistiche europee - attraverso il Carta del Calcio di Base (Grassroots Charter), definisce le linee guida del calcio giovanile e premia annualmente i progetti, i leader (allenatori o dirigenti) e le società che a livello europeo incarnano di più lo spirito di questa “Carta” che è il riferimento per i progetti tecnici sviluppati dalle varie Federazioni. Dentro a questo documento  che abbiamo presentato c’erano i progetti di: Calcio Integrato (coinvolgimento di ragazzi speciali nell’attività tecnica delle squadre), la Scuola di Tifo (laboratorio di tifo corretto rivolto alle categorie Pulcini ed Esordienti - 8/10 anni -), il Terzo Tempo Fair Play (merenda post partita svolta secondo indicazioni alimentari salutari) oltre ad una serie di iniziative atte a dare una corretta visione del calcio giovanile. Per chi volesse approfondire, il documento da cui è arrivato il premio, è stato pubblicato sul sito della società: www.sangiorginacalcio.it . E’ stata senza dubbio una grande soddisfazione, frutto di un lungo percorso a cui hanno contribuito dirigenti, allenatori e responsabili della Società. Mi piace particolarmente perchè non è un premio basato su risultati sportivi ma rappresenta un riconoscimento ad un’impostazione di lavoro che si basa sulla formazione e sulla crescita a lungo termine dei ragazzi, partendo dal presupposto che le società dilettantistiche devono sì cercare di formare giocatori, ma anche contribuire a sviluppare i cittadini del futuro. 
 Programmi futuri?
 A livello lavorativo, faccio quello che speravo di fare a 50 anni. Certamente vorrei trovare le energie per continuare con l’attività intrapresa, ma le difficoltà economiche generali e il clima attorno allo sport giovanile, non aiutano. Ogni tanto le mie certezze vacillano, poi scendo in campo e dimentico tutto, per ora allenare è la medicina ai miei dubbi, spero funzioni a lungo. In caso, il mio piano B è mandare avanti la trattoria di mio padre... La Fricheria al Cavallino, a Strassoldo... No, in realtà l’ho detto solo per fargli un po’ di pubblicità (devo giustificare i pranzi che mi fornisce :) ),  la ristorazione non è proprio il mio ambito. Riassumendo, vorrei continuare a fare quello faccio. 
 Intanto, hai un sogno nel cassetto (sportivo)?
 Sì, certo!! Ma non te lo dico, se no non si avvera!;) Una speranza però posso dirtela... Vorrei che l’ambiente attorno allo sport giovanile cambiasse, si è troppo legati al risultato, un giocatore è forte ed un allenatore è bravo a seconda del risultato delle gare giocate. Questo è un principio che può valere per i professionisti, ma non può essere così in ambito giovanile. Certo, vincere è importante (e te lo dice uno che al campetto con gli amici si infuriava perchè prendeva gol o tornava a casa con il broncio dopo una partita persa) ma giocare per imparare lo è di più. A livello giovanile si può vincere un campionato, non avendo imparato nulla, e perderle tutte, avendo acquisito una lezione che può servirti tutta la vita, anche fuori dal rettangolo di gioco. Spero che avvenga questo cambiamento di mentalità e cultura sportiva (di cui il nostro paese è carente). Troppo?! Mah.. I sogni devono essere fatti in grande, se no che sogni sono? 

Grazie a Stefano e Clio per l’opportunità, parlare di sport, aiuta lo sport a crescere! In bocca al lupo per la vostra avventura!

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